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Volandri spiega il doppio trionfo in Coppa Davis: “Merito anche della psicologia”

Tanti temi affrontati dal capitano di Coppa Davis, Filippo Volandri, intervistato dal Corriere dello Sport
Filippo Volandri
Filippo Volandri (Getty Images)

Il capitano della nazionale italiana di Coppa Davis, Filippo Volandri, ha rilasciato una interessante intervista al Corriere dello Sport, toccando vari punti.

La prima volta con Sinner

Il tecnico livornese ricorda la prima volta che ha conosciuto Jannik Sinner: “Fu al Foro Italico durante gli Internazionali BNL d’Italia, io ancora giocavo. Alex Vittur portò Jannik a Roma ed ebbi la possibilità di vederlo: era leggerissimo fisicamente ma aveva un tempo sulla palla pazzesco, incredibile. A fine stagione si è sempre un po’ stanchi, in più Jannik è giunto a Malaga dopo il successo alle ATP Finals, ma come sempre ha saputo alzare il livello nei momenti importanti. Questa è la sua grande qualità, la caratteristica del campione. Il match contro Griekspoor in finale dimostra come, pur non essendo brillante come in altri momenti dell’anno, sia comunque riuscito a cambiare marcia nel momento del bisogno. A Torino aveva speso tantissimo in termini di energie, tuttavia Jannik riesce a rendere scontato ciò che scontato non è”.

La scelta di Volandri nel doppio con l’Argentina

Volandri parla, poi, della decisione più importante presa in questa edizione della Coppa Davis: “Ascolto sempre tutti ma poi decido io, assumendomi tutte le responsabilità. Berrettini peraltro ha sempre giocato a sinistra in carriera in doppio. Matteo e Sonego, a mio avviso, devono giocare lì”.

L’importanza di Berrettini

Filippo riconosce gli enormi meriti di Matteo Berrettini, secondo il presidente della FITP, Angelo Binaghi, suo successore alla guida della nazionale azzurra: “Matteo è riuscito ad allenarsi con continuità. In passato ci ha spesso abituato male, rientrando dopo lunghi stop e ricominciando subito a vincere, ma quando può allenarsi come si deve torna a essere un tennista di livello altissimo. Nel 2023, tornati a casa da Malaga, il tecnico federale Umberto Rianna andò subito con lui a Montecarlo per lavorare. Berrettini e Sonego hanno rappresentato i casi n.1 e n.2 del decentramento. Avevamo capito che girare per cercare talenti e portarli nel centro tecnico di Tirrenia non funzionava. Eravamo quindi noi ad andare da loro, dai team privati, per potenziarli in ogni maniera possibile. Lorenzo Musetti è stato il caso n.3. Abbiamo capito che era la strada giusta per tutti e negli ultimi due anni, a Tirrenia, abbiamo avuto una presenza di giocatori, spesso con coach e preparatore fisico al seguito, come mai accaduto in passato”.

Il ruolo della psicologia nel tennis

In ultimo, il toscano parla del ruolo fondamentale avuto dalla componente psicologica: “Sono felice e mi dico “bravo” per non aver basato il lavoro da capitano solamente sulla mia esperienza. Ho esplorato sempre nuovi territori, come la psicologia. Siamo stati i primi a basare questo tipo di lavoro non solo sulla preparazione mentale ma anche sul benessere personale. Abbiamo cercato di rendere i ragazzi persone migliori, più serene. Non mi sono fermato, anche grazie al supporto di tutto il team, a chi diceva “ah, ma questo non è stato mai fatto”. Noi lo abbiamo realizzato e ne sono orgoglioso”.

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