Berrettini senza filtri: “I test antidoping? Recito qualche Ave Maria!”. E da Mattarella…

Il lato più simpatico e divertente di Matteo Berrettini emerge nel podcast “Tintoria” di Stefano Rapone e Daniele Tinti che ospita le confessioni del finalista di Wimbledon 2021.
Berrettini e il sistema antidoping
Considerato il caso Clostebol che ha coinvolto Jannik Sinner, la parte più curiosa dell’intervista del romano è legata alla procedura antidoping: “Ogni sera devi segnalare sull’app l’indirizzo dove dormirai e dove farti trovare alle 6 di mattina il giorno dopo per un eventuale controllo: se ne salti uno ti danno un warning che decade dopo un anno, ma se arrivi a tre nell’arco di 12 mesi scatta la squalifica di un anno e mezzo, pensa la paranoia se dovessi arrivare a due. Faccio una trentina di controlli all’anno e in questo 2025 ne ho, già, fatti quattro. Devono pure guardare mentre la faccio perché potrei sostituire la provetta, una volta in Cina mi cadde il bicchierino dove avevo messo le urine: la persona che era con me mi ha urlato contro e l’ha notificato, ma io ne avevo fatto talmente tanta che è stata sufficiente. Immaginate quando esco con una ragazza, ho praticamente degli stalker che mi seguono, chiedendomi le urine!”.
La marijuana è consentita
Tra le stranezze del sistema antidoping, l’azzurro ne rivela un paio in particolare: “Non sono doping gli psicofarmaci anche perché tanti tennisti vanno in analisi, siamo uno sport molto competitivo. Anche la marijuana si può usare fuori dalle competizioni perché aiuta a recuperare dagli infortuni e a sentire meno dolore, io l’ho fumata soltanto al liceo un paio di volte, ma non mi attirava particolarmente”.
La visita da Mattarella
Curiosamente, uno dei controlli è capitato proprio il giorno in cui il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto i tennisti azzurri al Quirinale: “Mi sono svegliato alle 06:40 per una chiamata dell’antidoping e ho recitato qualche Ave Maria, poi mi sono dovuto vestire bene ma faceva un caldo assurdo e quella cavolo di cravatta che mi stringeva il collo, le scarpe scomodissime, c’è tanto rigore lì con i corazzieri, ma appena giri l’angolo è la sagra del selfie: un addetto mi si è avvicinato con due palline prima che entrasse Mattarella per farmele firmare, lì ho capito che ero a Roma a casa mia”.
Il rapporto con il tennis
In ultimo, non si può non affrontare la sua storia d’amore con il tennis: “La persona che odio di più quando gioco sono io, ma devo imparare a perdonarmi di più. Gli sport con le racchette sono gli sport delle scuse, ma a me hanno insegnato che gli alibi nel tennis non esistono: devi essere un robot!“.