Sanremo: 12 canzoni che hanno fatto la storia del Festival
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Sono tante le canzoni che hanno segnato la storia del Festival di Sanremo: ne abbiamo scelte 12
Papaveri e papere – Nilla Pizzi (1952)
A dispetto di quanto si possa supporre dal titolo e dal motivetto allegro della canzone, Papaveri e Papere è un brano che attacca il potere: la differenza di statura fra i papaveri e le papere richiama la differenza tra la classe politica e il popolo.
Il pezzo arriva secondo dietro il più rassicurante Vola Colomba, anch’esso interpretato da Nilla Pizzi.
Buongiorno tristezza – Claudio Villa (1955)
Il Festival di Sanremo viene vinto da un brano il cui interprete non partecipa alla finale.
Debilitato da una faringite, Claudio Villa salta l’ultima esibizione e così le telecamere inquadrarono il palco vuoto mentre viene mandata in onda la registrazione fonografica del pezzo.
Nel blu, dipinto di blu (Volare) – Domenico Modugno e Johnny Dorelli (1958)
Complice l’arrangiamento inedito per l’epoca, Nel blu dipinto di blu rappresenta il punto di rottura tra la canzone tradizionale e un nuovo modo di fare musica.
Con questo pezzo Domenico Modugno vince la kermesse sanremese, arriva terzo all’Eurovision Song Contest e ottiene un successo clamoroso in tutto il mondo.
Una lacrima sul viso – Bobby Solo (1964)
Il primo “vincitore morale” nella storia del Festival è Bobby Solo.
Condizionato da un abbassamento di voce, l’artista romano in finale è costretto a esibirsi in playback e fuori competizione.
Il cantante sin prende la rivincita l’anno successivo, vincendo con Se piangi, se ridi.
Nessuno mi può giudicare – Caterina Caselli (1966)
Quello di Caterina Caselli (e di Gene Pitney) è un grido generazionale che scuote le coscienze e cambia la carriera dell’artista modenese. Il testo della canzone, innovativo e addirittura sconvolgente per l’epoca, anticipa argomenti femministi, rivendicando per la donna la possibilità di scegliere tra più partner.
Seconda classificata, Nessuno mi può giudicare dopo il Festival ottiene un successo strepitoso.
Gianna – Rino Gaetano (1978)
Con Rino Gaetano a Sanremo arriva l’ironia: l’artista calabrese sale sul palco in frac, papillon bianco, cilindro nero, scarpe da ginnastica e ukulele. Per quanto potesse apparire fuori contesto, Rino Gaetano si piazza terzo.
Tutto qui? Non proprio perché Gianna, che ebbe poi molto successo anche in Germania, è la prima canzone nella storia di Sanremo in cui viene pronunciata la parola sesso.
E non finisce mica il cielo – Mia Martini (1982)
Scritto da Ivano Fossati per Mina, E non finisce mica il cielo viene invece interpretata da Mia Martini, che ci regala una delle esibizioni più struggenti nella storia del Festival.
Nonostante un grande successo di pubblico, la canzone non riesce a vincere e suggerisce ai giornalisti di istituire il Premio della Critica.
Dopo la sua morte, il riconoscimento viene intitolato proprio a Mia Martini.
Vita spericolata – Vasco Rossi (1983)
In occasione della sua seconda e ultima partecipazione a Sanremo, Vasco Rossi lascia il palco mentre il brano è ancora in esecuzione.
Si tratta di una provocazione del rocker emiliano per svelare al pubblico che tutti gli artisti cantano in playback.
Il clarinetto – Renzo Arbore (1986)
Prima rifiuta l’invito di Gianni Ravera a condurre il Festival, poi spiazza tutti con Il clarinetto, una canzone umoristica e fuori dagli schemi con cui l’artista pugliese si piazza secondo e rilancia uno stile un po’ dimenticato dopo Carosone.
Zitti Zitti – Aeroplanitaliani (1992)
Uno tra primi pezzi rap nella storia del Festival, Zitti Zitti si caratterizza per la presenza al suo interno di 25 secondi di silenzio.
Nonostante questo o forse proprio per questo, gli Aeroplanitaliani si aggiudicano il Premio della Critica.
Signor tenente – Giorgio Faletti (1994)
Ispirato dagli attentati di Capaci e di via D’Amelio, il brano porta sul Palco dell’Ariston, forse per la prima volta, il tema delicato della mafia.
Sincero – Bugo e Morgan (2020)
Deluso dall’andamento della serata delle cover, Morgan modifica il testo di Sincero e sferra un attacco al compagno di esibizione Bugo, che lascia il palco sconfortato.
Il duo passa alla storia perché non si era mai verificata prima una squalifica per abbandono di un artista durante l’esecuzione del brano.