Cinquantotto anni senza Tenco, il poeta che gelò Sanremo

Se Festival e cronaca nera sono le vostre passioni, il caso Tenco è quello che fa per voi.
Luigi Tenco
Nato a Cassine (Alessandria) nel 1938, Luigi Tenco è stato uno dei primi rappresentanti della canzone d’autore italiana: piena di significati profondi, la sua musica si occupa di temi sociali e drammi esistenziali.
Elemento di spicco della rinomata scuola genovese, Luigi Tenco è considerato un poeta introverso, un artista senza tempo perché le sue opere sono incredibilmente attuali.
L’amore? Tenco lo affronta e lo tratta come sentimento coinvolgente e travolgente, ma al lato romantico preferisce quello malinconico.
Grandezza di Tenco
Lo spessore artistico di Tenco è indiscutibile ma per chi dovesse nutrire qualche dubbio abbiamo quattro argomenti difficilmente superabili.
1) La stima incondizionata di tanti suoi colleghi, a cominciare da Fabrizio De André, che non ha mai nascosto il ruolo fondamentale avuto da Tenco nella sua scelta di fare musica.
2) Le parole del premio Nobel per la letteratura Salvatore Quasimodo: “Luigi Tenco ha voluto colpire a sangue il sonno mentale dell’italiano medio”.
3) Istituita nel 1984, la Targa Tenco è uno dei più ambiti e importanti riconoscimenti musicali italiani.
4) Sono innumerevoli gli artisti che hanno omaggiato Luigi Tenco, citandolo nelle loro canzoni, dedicandogli opere di vario genere o interpretando i suoi brani.
Ciao amore, ciao
La canzone con cui Tenco si presenta a Sanremo ebbe una genesi travagliata.
Visto e rivisto più volte, il testo di “Ciao amore, ciao”, che fino a poche settimane dall’inizio del Festival si intitolava semplicemente “Ciao amore”, racconta le difficoltà incontrate da un giovane migrante: mosso dalla speranza di un futuro più roseo, il protagonista della canzone lascia i campi e gli affetti più cari per trasferirsi in città, ma il cambiamento lo disorienta e confonde così tanto da fargli pensare di tornare sui propri passi.
Questa condizione drammatica viene descritta da Tenco con parole schiette e immagini crude, come nel suo inconfondibile stile.
Il diciassettesimo Festival
In un’intervista rilasciata a Daniele Piombi prima dell’inizio del Festival del 1967, Tenco si dichiarava convinto di poter vincere, ma al tempo stesso ammetteva che la sua sicurezza dipendeva dal fatto che avrebbe gareggiato in coppia con Dalida, cantante italo-francese di grande successo alla quale si dice fosse sentimentalmente legato e che aveva ricoperto un ruolo decisivo nel convincerlo a presentarsi nella città dei fiori.
Tenco e Dalida si esibiscono sul finire della serata inaugurale ma le cose quel 26 gennaio non vanno per il verso giusto.
Per vincere l’ansia da palcoscenico, Tenco si affida a un mix alcol-farmaci e quando il produttore Davide Dossena lo rimprovera, risponde: “Sei così amico da metterti fra me e il whisky, ma saresti così amico da metterti fra me e la pallottola di un mio nemico?”.
Complice un’interpretazione sottotono di Tenco, che prima di esibirsi si rivolge a Mike Bongiorno con la frase sibillina questa è l’ultima volta, il risultato di “Ciao amore, ciao” è pessimo: ottiene solo 38 voti su 900 e non viene nemmeno ripescata per la finale dalla commissione di esperti, che sceglie (non senza polemiche) “la Rivoluzione” di Gianni Pettenati.
Tenco e Dalida accolgono l’eliminazione con reazioni diverse: il primo se la prende con la leggerezza dei brani che si erano qualificati per la finale, la seconda è più serena, forte della convinzione che “Ciao amore, ciao” avrebbe venduto (come poi in effetti avvenne) moltissime copie.
La morte e il biglietto
Il corpo di Luigi Tenco viene ritrovato senza vita nella notte tra il 26 e il 27 gennaio nella stanza numero 219 dell’Hotel Savoy di Sanremo, con un foro di proiettile nella tempia e un biglietto scritto a mano accanto.
“Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.”
La verità giudiziale
La morte di Luigi Tenco fu catalogata come suicidio tanto nel giugno del 1967 quanto nel gennaio del 2009, dopo che un’indagine basata sulle tante incongruenze emerse negli anni aveva indotto le autorità giudiziarie a disporre l’esumazione della salma e l’effettuazione dell’autopsia.
Le cose non sono cambiate nel 2015, quando la Procura di Imperia archivia una richiesta di riapertura di indagini depositata dal giornalista Pasquale Ragone.
La famiglia
Al fine di evitare speculazioni, dopo il risultato dell’autopsia del 2006 (che parlava di “suicidio da manuale”), la famiglia, tramite la nipote Patrizia Tenco, dichiara di ritenere veritiera l’ipotesi del suicidio, ipotesi già accettata dagli amici più cari del cantautore piemontese.
Le incongruenze
Trovare incongruenze nel caso Tenco, purtroppo, è facile.
Chi ha trovato il corpo? Dalida, Lucio Dalla o qualcun altro, visto che fu l’Hotel Savoy a contattare la cantante italo-francese per riferire di un “malore” occorso a Luigi.
Il corpo di Tenco fu trasportato via e poi ricondotto nella stanza numero 219 dell’Hotel Savoy una volta che gli inquirenti si accorsero di non aver fatto i rilievi necessari.
Fotografie ufficiali: sul volto di Tenco sono visibili escoriazioni che non c’erano poche ore prima del decesso (mentre si esibiva sul palco del Casinò di Sanremo); sotto al corpo del cantautore c’è una pistola diversa da quella che possedeva e che si sostiene abbia esploso il proiettile fatale.
Come mai nel 1967 non è stata disposta ed effettuata l’autopsia?
Come è possibile che nessuno abbia sentito il colpo di pistola?
Breve riflessione finale
“Il festival di Sanremo proseguirà regolarmente fino alla sua conclusione. II triste episodio avvenuto questa notte non deve influire sulla rassegna perché così vuole la tradizione del mondo dello spettacolo”.
Questo il comunicato con cui gli organizzatori annunciarono che il suicidio di Tenco non avrebbe fermato il Festival.
Ci facciamo una domanda: se un evento del genere accadesse oggi, prevarrebbe un’altra volta la logica dello show must go on oppure si deciderebbe di sospendere il Festival? Probabilmente questa domanda tradisce la nostra ingenuità.