Sir Alex Ferguson, il tecnico più vincente di sempre
Chi non lo conosce Sir Alex Ferguson, chi non associa a questo nome i titoli e i momenti più belli e iconici nella storia del Manchester United, che anche grazie a lui, e ai campioni che ha allenato nel tempo, ha vinto tutto, ma proprio tutto. Premier, Champions League, FA Cup e Coppe di Lega, e tanto, tantissimo altro. Sono 49 i trofei sollevati in una straordinaria carriera, che fanno di Ferguson l’allenatore più vincente della storia.
Ma non è stato tutto rosa e fiori, anzi, la vita, sportiva e non, del manager scozzese era cominciata tutta in salita. Era lui la pecora nera della famiglia (e chi l’avrebbe mai detto vedendolo così elegante e composto in panchina…): sempre in giro, si ubriacava prima delle partite e per anni non ha parlato con suo padre, finendo anche in carcere. Una vita non certo banale e lineare per Sir Alex, che però, quando è riuscito ad imbroccare la strada giusta, non si è più voltato indietro.
“Ero spesso ubriaco, finii anche in carcere…”
Ha raccontato con una certa nonchalance quei ‘tempi’ Ferguson, non certo protagonista di un’infanzia e di un’adolescenza semplice. “Ero sempre in giro, ho cominciato ad uscire ogni venerdì anche le sere prima delle partite. Mio padre mi diceva ‘Dove vai?’ e io ‘esco, vado a ballare’ e lui ‘ma domani hai la partita’ e io ‘Sono tra le riserve non significa molto, lo sai’. Così abbiamo litigato e mi ha detto: ‘fa’ a modo tuo, vediamo cosa succede!’. Non ci siamo parlati per due anni. Poi, una notte sono uscito, mi sono ubriacato e sono finito in prigione, poi in tribunale e sono stato multato. Ero la pecora nera della famiglia. Mi è sempre rimasto in testa, questo momento. Me ne sono pentito. Con il contesto e l’educazione che avevo dietro le spalle, mi sono arreso”.
Da Glasgow al tetto del mondo del pallone, non facile, ma se hai carattere, passione e voglia di arrivare, allora la missione potrebbe essere un po’ più semplice. Il resto, è tutto talento e lavoro, e amore per il calcio, che conosce ancor prima da calciatore, per poi trattarlo amabilmente sulla panchina.
Nel 1958 fa il suo esordio giocando con i dilettanti del Queen’s Park, 8 anni dopo, nel 1966, diventa capocannoniere del massimo campionato scozzese insieme a Joseph McBride, con 31 gol. La sua carriera prosegue con grande successo in patria, tra Rangers, Falkirk e Ayr Utd, dove nel 73-74 disputa la sua ultima stagione, prima di appendere le scarpe al chiodo e diventare contestualmente allenatore dell’East Stirlingshire.
Dal St Mirren allo United, che avventura!
Pochi mesi dopo, il primo compito importante alla guida del St. Mirren, che nel ’77 riesce a trascinare nella massima divisione, per poi raccogliere una tranquilla salvezza la stagione successiva: un traguardo che però non gli evita un inspiegabile esonero. E allora, che problema c’è?
L’Aberdeen chiama, Ferguson risponde, presente, e nel 1980 vince il campionato superando il Celtic di un punto: un trionfo. Nel giro di tre anni, si supera: prima la Coppa di Scozia, battendo in finale i Rangers per 4-1, poi nell”83, il treble, sollevando Coppa di Scozia, Coppa delle Coppe (battendo 2-1 il Real Madrid) e la Supercoppa Europea. Nel 1984, un altro ‘double’ coi Dons (campionato più coppa nazionale), e l’anno successivo l’ennesimo titolo scozzese mostrato a tutti con orgoglio. Sarà il suo ultimo, ma soltanto in patria.
Assorbita la breve parentesi alla guida della Scozia nei Mondiali del 1986, ereditando il ruolo di Ct da Jock Stein, il 6 novembre dello stesso anno arriva la chiamata della vita, il Manchester United, dove rimarrà per ben 27 stagioni. Il primo trofeo arriva tre anni e mezzo dopo quell’uggioso pomeriggio autunnale: la Coppa d’Inghilterra del ’90, vinta a maggio ai danni Crystal Palace nel replay della finale. Il resto poi, è storia.
Ferguson, il ‘Baronetto’ del pallone
Tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000, l'”ubriaco” di Glasgow è un personaggio lontanissimo, non c’è più, da un pezzo. C’è soltanto Sir Alex, così lo chiamano i tifosi dei Red Devils e così lo cominciano a chiamare tutti, in ogni parte del mondo. Nel 1999, infatti, la Regina Elisabetta lo nomina ‘sir’ in una solenne cerimonia a Buckingham Palace a cui Ferguson si presenta con il kilt indosso. Cavaliere per meriti sociali e sportivi, per il contributo alla crescita del calcio inglese. Tripudio, vero.
Il 19 dicembre 2010 eguaglia il record di giorni consecutivi (8811!) alla guida del Manchester United, precedentemente appartenuto a Matt Busby. Ultime curve, ultimi titoli, ad arricchire un palmarese ormai saturo di coppe di ogni genere. Nel 2013, dopo l’ennesima Premier vinta alla guida dello United (10 in tutto, mai nessuno come lui) comunica attraverso il sito ufficiale del club l’intenzione di ritirarsi dall’attività di allenatore al termine della stagione. Lascerà la sua panchina ad un altro manager scozzese, David Moyes, ma sarà l’inizio della fine per i Red Devils. Dodici anni di bocconi amari, e chissà quanti ancora, di questo passo…
“Ferguson era il cuore di tutto, ha fatto in modo che lo United fosse una famiglia con una cultura, una filosofia: vincevamo per quello, non perché fossimo i più bravi. L’ho detto anche ai Glazer, perché io là sono ascoltato: ci vuole uno di famiglia, uno che rispetti la storia del club, che senta la pressione del passato”. Così ha dichiarato non troppo tempo fa Patrice Evra, ex giocatore della Juve e del Manchester dei sogni. Poche parole, ma che riassumono l’enorme e ineguagliabile figura del migliore di sempre, che da quelle parti continua a mancare tantissimo. Il Dio della panchina, Sir Alex Ferguson.