Calcio

Scholes, l’amore per lo United e quelle parole a Moratti

Una vita con una sola maglia, una carriera donata al club che ha creduto in lui: quando arrivò la chiama dei nerazzurri, l'inglese ebbe modo di far capire tutto il suo amore per i Red Devils
Paul Scholes
Paul Scholes

“Come ci si sente ad essere il miglior centrocampista al mondo? Dovreste chiederlo a Paul Scholes”. Parole di un certo Zinedine Zidane, che rispose così durante uno dei periodi migliori della sua carriera a chi lo interrogava su chi fosse il giocatore più impattante al mondo nel ruolo a quei tempi. Un calciatore talmente completo da trascendere qualunque concetto tattico, vista la sua capacità di saper interpretare il ruolo alla perfezione in ogni sua sfaccettatura. Il nativo di Salford, in altre parole, aveva tutto: visione di gioco, corsa, tempi di inserimento, un tiro dalla distanza micidiale persino grande aggressività in fase di non possesso palla, nonostante il tonnellaggio non fosse esattamente quello del peso massimo. Il suo dinamismo e la sua capacità di vedere un calcio diverso, più elevato rispetto a quasi tutto il resto del mondo, gli hanno permesso di diventare un’autentica icona del calcio anni ’90-’00, nonché forse il vero e proprio capostipite del tanto ormai decantato e ricercato “box-to-box midfielder”.

Si scrive Scholes, si legge bandiera

Ma Scholes, per il calcio. è stato in realtà molto di più. Soprattutto, è stato una bandiera, un esempio di fedeltà assoluta al club della sua vita, il Manchester United. Paul, infatti, cresce nei Red Devils sin dai 14 anni e proprio lì dimentica definitivamente la sua veste di “bimbo gracile e asmatico”, spiccando il volo grazie anche alla spinta e alla fiducia del suo storico mentore e allenatore Sir Alex Ferguson. L’esordio, con sensazionale doppietta, arriva in Coppa di Lega contro il Port Vale nel 1994. La fine, 20 anni dopo, è sempre con quella casacca addosso, della quale ha portato orgogliosamente in alto l’onore, un gesto dovuto a uno dei più grandi club della storia del calcio che anche grazie a lui in bacheca può contare, tra i vari trofei, 11 Premier League, 2 Champions League, 7 Charity Shield, una Coppa Intercontinentale e un Mondiale per Club.

La risposta al patron dell’Inter

“Avrei lasciato lo United solo per Milan o Barcellona” disse Scholes in un’intervista di qualche tempo fa, non per mancare di rispetto alla squadra del suo cuore ma per sottolineare gli unici club che, secondo lui, potevano competere per grandezza con lo United, con il quale in più di 700 partite ha segnato 152 gol e servito 73 assist: numeri irreali per un mediano davanti alla difesa. Ora, un giocatore di questo calibro dovrebbe avere ogni anno schiere di squadre pronte a coprirlo d’oro per portarlo via, eppure nel suo caso per sua stessa ammissione soltanto una squadra fu così coraggiosa da provare a strapparlo alla sua casa: l’Inter. “Una volta però ricevetti la telefonata di un agente, era il vecchio agente di Bryan Robson. Mi chiamò mentre io ero ad Euro 2000 per chiedermi se fossi interessato ad andare ai nerazzurri, ma questa è la sola e unica chiamata che ho mai avuto”. Una trattativa mai iniziata, un retroscena che anche l’allora presidente dell’Inter Massimo Moratti raccontò offrendo ancora più dettagli: “Feci avere allo United un assegno da firmare in bianco e parlai con lui. La sua risposta è stata: “Se vuole che giochi per lei, dovrà comprare questo club”. Un fenomeno ma, soprattutto, un uomo di grande spessore.