Calcio

Pioli: “Discussi con Ibra. Che intesa con Maldini”

Il tecnico dell'Al-Nassr è tornato a parlare del suo passato in rossonero
Stefano Pioli, nuovo allenatore dell'Al-Nassr
Stefano Pioli, nuovo allenatore dell'Al-Nassr (Getty Images)

Stefano Pioli è rimasto rossonero dentro, anche dopo mesi in un altro calcio. L’allenatore dell’Al-Nassr si è raccontato in una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, in cui è tornato sui momenti più emozionanti e sulle persone più importanti della sua avventura sulla panchina del Milan.

Sui derby e sull’addio

“Se ho seguito il Milan? Poco. Confesso: non ci riuscivo, mi emozionavo troppo davanti alla tv. È stato un distacco importante. Ho visto per intero una partita sola, la più brutta… Milan-Juve. E il secondo tempo col Real. Il derby? Era scritto che il Milan vincesse, senza di me… L’addio è stato una conclusione fisiologica, i derby l’hanno accelerata. Perderne sei di fila mi ha fatto male, naturale. Soprattutto i due di Champions, anche perché hanno tolto valore a un grande risultato: essere tornati in semifinale dopo 16 anni. Quando ho capito che era finita? C’è stato un momento preciso: ritorno dei quarti di Europa League, Roma-Milan, all’Olimpico. All’andata avevamo perso 1-0. In spogliatoio, prima del match feci un discorso da pelle d’oca, uno dei miei più sentiti di sempre. Ero sicuro di passare. Invece alla squadra non arrivò nulla e in campo fece poco. Lì mi accorsi che quello che davo non bastava più. L’empatia si era guastata”.

Sulle offerte dalla Serie A

“Avevo in mente un anno di stacco, dopo i 5 di Milan, belli, ma estenuanti. Avevo già pianificato un mese a Londra per perfezionare l’inglese e visitare qualche club: Chelsea, Tottenham… Avrei potuto godermi il super-contratto Milan, ma ho capito presto che avrei faticato a restare fermo. Se avevo offerte dall’Italia? Tre. La prima a maggio, l’ultima poco prima dell’Arabia. Ma dopo la splendida avventura al Milan, non mi sembrava giusto allenare in Italia. Se avrei lottato per lo scudetto? Credo di sì…”

Su Ibrahimovic

“Ibrahimovic e Ronaldo hanno caratteri diversi. Ibra era impetuoso con una personalità dominante. Cristiano è leggenda, è planetario, è enorme… Ha in testa i mille gol ufficiali. Li farà. Non gliene mancano molti. Zlatan mi ha scritto quando ho firmato per l’Al-Nassr, io gli ho fatto i complimenti dopo Madrid. Ci siamo rabbracciati qui a Riad. È stato un piacere allenarlo, non facile, ma proprio per questo un piacere. Ricorderà senz’altro una discussione importante nel mio ufficio… A me è servita. Se gli auguro il meglio da dirigente? Certo. Quando affronti un mestiere nuovo, devi imparare tante cose e cresci anche attraverso gli errori. Zlatan è intelligente, crescerà e farà bene”.

Su Maldini e Massara

“Siamo rimasti in contatto. Ho lavorato bene con due persone oneste e molto competenti. La nostra intesa era fortissima. Poi con Paolo ci sono state anche discussioni forti, perché siamo due teste dure”.

Su Theo Hernandez e Leao

Theo è un bravo ragazzo. Ognuno ha le sue strategie per ottenere il meglio dai giocatori. Non c’è stato un solo giorno di Milan in cui non abbia dovuto spronarlo. Ma ditemi un solo terzino sinistro al mondo che sappia spostare le partite come lui. Mi hanno rimproverato di usare solo la carota. Non è vero. Ma il bastone io non lo mostravo in pubblico. Su Leao, A forza di criticarlo, si perde di vista la realtà, cioè un ragazzo in continua crescita. Anche quest’anno. Io resto convinto che Rafa possa ancora diventare fortissimo, non so se da Pallone d’oro, ma molto più forte di ora. Ci sta arrivando. Quando andava in nazionale gli dicevo: “Osserva bene tutto ciò che fa CR7, poi me lo riferisci”. Tornava, mi raccontava e io gli dicevo: “Lo vedi? Fallo anche tu!””.