Il mito Paolo Maldini e quei gesti indimenticabili

Paolo Maldini è da tutti riconosciuto come una delle leggende più iconiche del calcio mondiale e soprattutto il volto più rappresentativo del Milan. Ventisei trofei nella storica bacheca del club sono stati infatti sollevati dall’ex capitano, comprese ben cinque Coppe dei Campioni/Champions League e sette scudetti. Ma legare la figura di un autentico simbolo rossonero soltanto ai titoli sarebbe quasi riduttivo d finirebbe quasi per sminuire una figura che per questo club ha rappresentato un vero e proprio punto di riferimento dentro ma anche e fuori dal campo. Esempio unico di stile e sportività, Maldini ha incarnato la figura del perfetto condottiero e nessuno si è mai sognato di metterlo in discussione; è stato ed è rimasto anche da dirigente, sul piano umano, semplicemente inattaccabile.
La cura della fascia
Ci sono dei piccoli grandi gesti, quelle classiche sottigliezze che a ripensarle hanno un enorme valore perché aiutano a comprendere soprattutto il rispetto estremo che Paolo nel corso della sua carriera ha avuto per i colori rossoneri e il club. A cominciare dalla cura maniacale che aveva della sua fascia di capitano, portata al braccio sin da ragazzo e riposta dopo una carriera lunghissima. Per Maldini quella fascia è stata preziosissima e lui ne ha sempre avuto un incredibile rispetto, tanto da riporla dopo ogni partita sopra al suo armadietto, come rivelato dal suo ex allenatore e amico Carlo Ancelotti. Che però non si è limitato a questo, ma ha svelato poi anche quanto la potenza e il carisma di Paolo venissero fuori anche da gesti semplici ma enormemente significativi. Come un grazie.
Un monumento del calcio
Impressionano alcune dichiarazioni del tecnico sull’ex capitano: “Ringraziava sempre tutti, stringendogli la mano. mai visto uno così”, con il suo carisma. Non aveva bisogno di parlare… C’erano campioni come Seedorf, Nesta e Sheva che davanti ad uno sguardo del capitano si scioglievano come neve al sole. E si è sempre allenato più di tutti anche a 39 anni. Ricordo che un giorno gli chiesi: “Paolo ma come fai?” Lui mi rispose: “lo faccio per mostrare a tutti quelli che arrivano dopo, che non bisogna mai abbassare la guardia. Mi trascino sempre il gruppo perché io sono il capitano e devo essere il primo a dare l’esempio”“. Una grandezza che si è espressa con una potenza incredibile, fino all’ultimo istante: “Il giorno della sua ultima partita a Firenze al momento dell’uscita mi abbracciò per l’ultima volta. In quell’istante ho capito che il mio Milan era svanito” ricordò Ancelotti, che ha avuto l’onore di accompagnare un campione di tale portata fino al suo addio al calcio.