Calcio

Bruno Pizzul, l’ultima telecronaca di un gigante: “È stato tutto molto bello”

Si è spento Bruno Pizzul, all'età di 86 anni, il noto telecronista friulano ha rivoluzionato il modo di stare davanti al microfono, la sua ultima telecronaca fu leggendaria
Bruno Pizzul
Bruno Pizzul

A 86 anni si è spento Bruno Pizzul, la voce che ha accompagnato intere generazioni di tifosi azzurri e non solo. Dal 1986 al 2002 ha raccontato le partite dell’Italia, compresa l’ultima, il 21 agosto 2002 contro la Slovenia. Ma la sua voce ha anche narrato la Serie A, le imprese europee delle squadre italiane e, purtroppo, anche le tragedie, come quella dell’Heysel nel 1985, raccontata con il suo inconfondibile stile: sobrio, mai sopra le righe, capace di dare peso alle parole senza il bisogno di alzare il volume.

Uno stile unico, che oggi manca

Pizzul non urlava, non inseguiva l’enfasi facile, non insegnava calcio al pubblico, lo accompagnava. “Se c’è un colpo di testa, che lo devo urlare a fare? Lo vedono tutti che è un colpo di testa”, diceva con ironia, sottolineando l’assurdità di certe telecronache moderne. Non c’era bisogno di dati statistici a raffica o iperboli forzate: Pizzul raccontava, lasciava spazio alla poesia del calcio.

Era un modo di essere e di raccontare che lo ha reso imitabile, ma mai eguagliabile. Da Neri Marcorè a Angelo Pintus, tanti hanno provato a riprodurre la sua cadenza e il suo stile, perché il suo tono pacato era diventato un’icona del giornalismo sportivo.

Indimenticabili le sue espressioni, diventate cult: “Ha il problema di girarsi”, “Partiti!”, “Tutto molto bello”, “Ed è gol”, “Sono immagini che non avremmo mai voluto commentare”. E il mitico “Robertobaggiooo”, che ancora oggi risuona nelle orecchie dei tifosi azzurri.

Da calciatore a leggenda del microfono

Pizzul il calcio lo capiva davvero, perché lo aveva vissuto da dentro, prima che il destino lo portasse dietro al microfono. Centromediano di buona stazza, aveva giocato tra Cormonese, Pro Gorizia, Catania, Ischia, Udinese e Sassari Torres. Ma presto si rese conto che la sua passione per il calcio era superiore al suo talento.

Così, quasi per caso, iniziò la sua avventura in Rai. Un concorso a Trieste per programmista, pochi candidati, l’intuizione di Paolo Valenti, che lo aveva visto giocare e notato per la sua altezza più che per la bravura. “Fu lui a dirottarmi sul concorso per radio-telecronisti”, raccontava Pizzul con la solita, disarmante autoironia.

Un friulano autentico, tra vino e carte

Friulano doc, amava le carte, le sigarette (che aveva smesso dopo una brutta bronchite) e soprattutto il vino bianco. “Anche se ho tirato il freno pure lì”, diceva, spinto dalla moglie Maria. Non si è mai preso troppo sul serio, e questo lo ha reso ancora più amato.

Nell’ultima intervista al Corriere della Sera, disse: “Quando sento che qualcuno si interessa a me alle mie esperienze, resto sempre un po’ perplesso. Il motivo è semplice: mi compiaccio di non essere mai riuscito a prendermi troppo sul serio”.

Forse è proprio questo il segreto di chi resta nella memoria collettiva: non prendersi troppo sul serio, ma lasciare un segno indelebile con la propria voce.

Oggi, quella voce si spegne. Ma il suo eco, tra i racconti di un’Italia che gioisce e le immagini che non avremmo mai voluto commentare, resterà per sempre.

Grazie, Bruno. È stato tutto molto bello.