Parigi 2024, salto in alto: Tamberi, Barshim e quel bis mai riuscito
Da sempre disciplina olimpica, il salto in alto maschile ha una caratteristica particolare.
Nell’elenco dei vincitori delle 29 edizioni compaiono 30 nomi (l’ultimo oro è stato assegnato ex aequo a Tamberi e Barshim) diversi.
Nemmeno il leggendario Dick Fosbury, che a Messico ’68 rivoluzionò la specialità inventandosi il “salto dorsale”, o il mitico cubano Javier Sotomayor, che detiene tuttora il record del mondo con 2.45 (saltato a Salamanca il 27 luglio 1993), sono riusciti a imporsi due volte nella finale olimpica.
Sabato 10 agosto Gianmarco Tamberi e Mutaz Barshim tenteranno di centrare un’impresa mai riuscita.
Le differenze
Dopo l’oro di Tokyo Gianmarco Tamberi si è laureato campione del mondo a Budapest e campione d’Europa a Roma.
Capace di saltare 2.43 (seconda miglior prestazione di sempre) nel 2014, Mutaz Barshim è l’uomo che ha avvicinato più di tutti l’accoppiata d’oro: prima di vincere in Giappone, il qatariota era arrivato secondo tanto ai Giochi olimpici di Londra che a quelli di Rio de Janeiro.
A conferma di quanto sia complicata la finale di salto in alto maschile c’è un altro dato: lo svedese Patrik Sjöberg, che avendo saltato 2.42 fa parte del gruppetto over 2.40, a livello olimpico può vantare “solo” due argenti e un bronzo.
La donna
La doppietta d’oro è riuscita solo alla tedesca Ulrike Nasse-Meyfarth, che ha saltato più di tutti a Monaco ’72 e a Los Angeles ’84, diventando prima la saltatrice più giovane e poi quella meno giovane a conquistare il primo posto alle Olimpiadi.